Come la foresta ama il fiume. Storia di una Resistenza.
Come la foresta ama il fiume è la storia di una Resistenza, come annuncia il titolo, vissuta in un territorio molto speciale a cavallo tra l’Istria e la Slovenia. E già questo lascia presagire che quella che leggeremo non sarà una storia facile. L’elemento singolare però è che tutte le vicende raccontate dal romanzo si giocano intorno a un piccolo ospedale da campo partigiano, nascosto nella foresta, dove la giovane protagonista e voce narrante della storia, Milen, presta servizio volontario come infermiera.
In quel luogo si intrecciano vite, sentimenti, speranze e delusioni, eroismi e giochi politici. E anche storie d’amore, come quella vissuta da Milen con il partigiano italiano Ivan. Sono molti i protagonisti che affollano le 400 pagine del bel romanzo di Anna Laura Biagini, qui alla sua prova d’esordio; pagine dense di fatti ed episodi che intersecano di continuo la storia grande, che portò in quelle terre di confine alla persecuzione prima della popolazione di etnia slovena, poi alla resistenza comune dei partigiani di Tito e di quelli italiani contro l’occupazione nazista e infine alla divisione forzata del territorio istriano. Milen appare all’inizio del romanzo, quarant’anni dopo la fine del conflitto, ormai anziana, quando alcuni dei protagonisti di quella storia si ritrovano per una commemorazione ufficiale nel folto del bosco, in quel luogo diventato un museo della Resistenza. E lì Milen rivive nel ricordo, con intensità, quella lontana ma mai dimenticata esperienza che l’ha segnata così profondamente. L’autrice riesce a raccontare passioni, dolori e scelte drammatiche con una narrazione misurata ma coinvolgente, come tutte le storie raccontate a bassa voce, che ti costringono a correre verso le ultime pagine per scoprire cosa ha fatto Milen della propria vita, e insieme a lei le persone che ha amato. E ci mostra che il passato non è mai del tutto passato, se riesce a determinare decisioni dell’oggi.
L’ospedale nel romanzo si chiama Erna, un nome di fantasia per un luogo realmente esistito, che si chiamava Franja; così come la storia raccontata, che si ispira però a fatti storici realmente accaduti. Una prova d’esordio impegnativa, e superata con grande scioltezza dalla giovane scrittrice marchigiana.