Ti ho cercata in ogni stanza

Ti ho cercata in ogni stanza

E’ fresco di stampa il nuovo libro di Saveria Chemotti  Ti ho cercata in ogni stanza. Titolo suggestivo e indovinato della casa editrice L’Iguana, nella Collana Verde che raccoglie le “iguane narratrici”. L’Iguana   è un progetto editoriale molto interessante, una comunità declinata al femminile il cui intento dichiarato è quello di “coltivare voci iguanesche”, come si può leggere nella nota di redazione in quarta di copertina di ogni loro libro, alludendo alla figura letteraria inventata da Anna Maria Ortese per nominare la trascendenza femminile: l’iguana, una piccola creatura in bilico tra mondi, che durante un simposio tra uomini colti si annoia sotto il tavolo, affamata di cibo buono ma soprattutto di parole avvincenti.

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Con questa casa editrice Saveria Chemotti, che vive e lavora a Padova dove insegna Letteratura italiana di genere e delle donne, aveva pubblicato il suo primo romanzo nel 2014, intitolato  La passione di una figlia ingrata, e ora possiamo leggere il suo nuovo lavoro. Mi sono tuffata nella lettura e appena terminata ho sentito il bisogno di mandarle un messaggio per dirle quanto il suo romanzo mi avesse toccata. Poi mi sono interrogata sul motivo di un tale coinvolgimento, anche un po’ insolito per me che non amo molto le storie narrate in prima persona come questa, e soprattutto quando si avverte tra le pagine un che di autobiografico. Oltre a essere lettrice sono anche scrittrice, e ho sempre accuratamente evitato di scrivere usando la prima persona e le trappole dell’autobiografia sempre in agguato. Da lettrice amo non essere distratta dalla verità autobiografica di chi scrive, se leggo un romanzo voglio che sia un romanzo davvero e non essere distolta dalla vicenda personale di chi lo ha scritto, a meno che non si tratti di autobiografia dichiaratamente tale. Ma qui l’abilità della scrittrice è grande, la scrittura è sorvegliata, vigile nel tenere a bada emozioni eccessive, smagliature. Perchè quando si scrive dicendo “io” non si deve lasciar fuori dalla stanza la lettrice, occorre lasciarla entrare, accoglierla, raccontarle una storia in modo tale che sappia coinvolgerla. E questo Saveria Chemotti ha saputo farlo con misura e passione. Quasi sottovoce, ma con un tono che pretende l’ascolto, e con accenti di autenticità che sanno emozionare. Quindi leggetelo, tuffatevi nelle stanze della scrittura di Saveria Chemotti, lasciatevi prendere dalla storia.

Si entra nella storia attraverso la voce di una delle due protagoniste, Berta, una voce narrante piana, che conduce per mano chi legge dentro un romanzo che da subito sembra narrare la vicenda personale di due amiche, ma via via diventa anche quello della formazione collettiva di una generazione di donne nate a nuova vita nella fulgida stagione del ’68. E questo doppio registro percorre più o meno esplicitamente tutta la storia.

Berta e Lydia non potrebbero essere più diverse: la prima proviene da un paese di montagna e nella città universitaria cerca una sistemazione che le consenta di seguire le lezioni e accedere al presalario; la seconda appartiene ad una ricca famiglia che sovvenziona generosamente il convitto, sul cui portone avviene l’incontro-scontro fatale tra le due ragazze, simbolo premonitore di un’amicizia che sarà indissolubile.

Di Berta conosciamo i pensieri e le parole che ricostruiscono il rapporto con l’amica; suo è lo sguardo attraverso cui anche noi la vediamo. Lydia invece si definisce con il comportamento, attraverso i gesti che compie: impulsiva, istintiva, si muove con agio sulla scena della vita; forte in apparenza, ma vulnerabile negli affetti di cui ha un inconfessato e disperato bisogno. Scopre in Berta una sorella, un corpo da abbracciare, il calore di sentimenti mai provati nel chiuso di una famiglia distratta. Berta, che all’inizio appare insicura, catapultata in un mondo nuovo in cui si muove a disagio, in realtà diventa via via sempre più forte grazie al desiderio di farcela e alla passione per lo studio. Hanno poche cose in comune, le due giovani donne, tra cui il difficile rapporto con le rispettive madri, simili nella difficoltà a capire le figlie e a farsi capire da loro, madri che non hanno le parole per nominare quella nuova e imprevista libertà delle figlie.

La vita delle due protagoniste all’inizio procede di pari passo, tra università, amicizie, femminismo, contestazione e studi appassionati capaci di svelare il mondo; i loro reciproci sentimenti sono simili ma nello stesso tempo declinati in modo diverso: amore, ammirazione, gratitudine; e sorellanza, quel sentimento del tutto nuovo del sentirsi vicine, complici e rivali; il rispecchiarsi nell’altra per riconoscersi libere e ritrovarsi. E in questo avvicinarsi e allontanarsi l’una dall’altra la vulnerabilità di Lydia la porterà ad affrontare con disarmata baldanza una storia d’amore e di maternità tradita che si rivelerà fatale. Toccherà a Berta inventare un’uscita di scena che rimane sospesa tra fantasia e realtà. Ma il legame tra le due donne non si spezzerà, anzi: la penna della scrittrice e il suo amore per le personagge a cui ha dato vita sanno regalarci un finale onirico e sorprendente, in cui ritorna una delle metafore più affascinanti del femminile. “Mi ero tuffata. L’acqua era calda, familiare, avvolgente. Bastavano poche bracciate per raggiungerla”.

 Questa mia recensione è stata pubblicata su Letterate Magazine del 29 dicembre, il settimanale on line della Società Italiana delle Letterate, che potete leggere su www.societadelleletterate.it.

 Saveria Chemotti, Ti ho cercata in ogni stanza. L’iguana editrice 2016, p. 159, euro 14,00,   www.liguana.it