Libri dell’estate

L’estate appena trascorsa è stata lunga e opprimente, e le temperature elevate a cui non ero abituata hanno reso difficoltosa anche la lettura. Pile di libri messi da parte con curiosa aspettativa sono state scalfite di poco. Ecco quelli che hanno accompagnato le mie giornate afose, e spesso anche l’insonnia delle notti. Li elenco in ordine casuale e non di preferenza. Si tratta anche di libri distanti dalle mie corde, ma in tutti ho trovato qualcosa che saputo parlarmi. Senza assegnare voti.

Le nostre anime di notte, di Kent Haruf, l’autore della Trilogia della pianura. Mi ha emozionata la storia dei due anziani che si conoscono appena e che cominciano a trascorrere le notti insieme; tutto inizia da lei e dal suo desiderio di non essere più sola la notte, di parlare e di ascoltarlo parlare. Poi arrivano anche il desiderio dei corpi, ma solo dopo. Del linguaggio di Kent Haruf si è parlato molto, e a volte è stato oggetto di critiche per la sua eccessiva essenzialità. In me invece ha suscitato fitte di ammirazione mista a invidia per quella smisurata capacità di sottrazione e di togliere peso alle parole lasciandole alla semplice nudità del loro significato. Esempio mirabile di come anche una scrittura lontana dalle proprie corde sappia coinvolgere ed emozionare.haruf

E ora  il piccolo ma denso memoir di Patrizia Tocci, Nero è il cuore del papavero pubblicato da Tabula Fati. Ho conosciuto l’autrice nel post terremoto aquilano del 2009 per un suo libro dal titolo La città che voleva volare, prose dedicate ai luoghi amati e perduti  con il sisma e con il tempo che cancella e cambia le geografie. Anche in quest’ultimo libro emerge la forza vivificante dei luoghi dell’anima, che rimangono immutati nel ricordo e rappresentano un baluardo, un ancoraggio che salva dallo smarrimento del presente. Qui le prose hanno la cadenza di un dialogo immaginario con il padre scomparso, ma il tu diventa io in un continuo scambio e il mondo della memoria assume i colori del rimpianto insieme a quelli dell’ostinata volontà di mantenerla in vita e, anzi, di renderla così salda e luminosa da renderla capace di dare senso a un presente che spesso sembra averlo smarrito. Il libro della memoria assomiglia a un pozzo delle meraviglie, e se pure scavando affiora il dolore per le tante perdite e per le ingiurie del tempo, basta il colore di una foglia, un profumo, la sfumatura di un cielo che cambia con le stagioni, per restituire saldezza a un mondo che ogni giorno rischia di sgretolarsi. Scrivere e leggere un memoir in fondo risponde a questa esigenza insopprimibile.

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Di tutt’altro genere invece tre libri che mi hanno coinvolta piacevolmente. I primi due appartengono alla categoria del giallo storico, genere che fino a pochi mesi fa, lo confesso, non frequentavo. In occasione del Festival Pescara a luci gialle ho avuto modo di conoscere ed ascoltare due protagoniste indiscusse del genere,  le scrittrici Emma Pomilio e Valeria Montaldi. La prima, sostenuta da una robusta preparazione in lettere classiche, ambienta i suoi già numerosi romanzi nell’antica Roma; in particolare in La vespa nell’ambra mette in scena un’ affascinante figura femminile, la medichessa vergine Priscilla, che insieme a Silio, un ex gladiatore e guardia del corpo, indagherà e risolverà un omicidio politico.

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Valeria Montaldi invece ambienta il suo romanzo La randagia in Val d’Aosta alla fine del ‘400, e ha per protagonista l’erborista e guaritrice Britta, processata per stregoneria e condannata al rogo. Alternando passato e presente, avanti e indietro nel tempo, accanto alle vicende di Britta si sviluppa l’indagine di una ricercatrice universitaria in cerca di testimonianze su quel processo, mentre nella valle, popolata da inquietanti presenze, accadono inspiegabili omicidi.

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Amanda Cross, infine,  è l’autrice di un delizioso giallo letterario, Un omicidio per James Joyce, ripescato fortunosamente nella mia biblioteca prima di partire per le vacanze. Pubblicato dalla gloriosa casa editrice La Tartaruga nella collana nera, è scritto con mano leggere e una deliziosa ironia che investe il mondo accademico e quello delle lettere, sfoderando perle sulla narrativa scritta da donne e citando persino Virginia Woolf. Ma chi è questa imprevedibile scrittrice? Nientemeno che Carolyn Heilbrun, la famosa autrice del saggio Scrivere la vita di una donna che è stato per tante di noi, che hanno approfondito il tema delle biografie femminili, una vera mappa del tesoro.

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