Un matrimonio inglese
Un matrimonio inglese, di Frances Hodgson Burnett (ed. astoria, 507 pagine, 20 euro)
Leggendaria, n.86
Una piacevole sorpresa questo romanzo di Frances Hodgson Burnett, per chi la ricorda confinata nel genere della narrativa per ragazzi, se pure con titoli memorabili come Il giardino segreto, La piccola Principessa, Il piccolo Lord. In realtà Burnett è stata scrittrice prolifica che ha gestito con sapienza il proprio talento, ma qui in Italia questo è il primo dei suoi romanzi per adulti che sia stato pubblicato. Lo dobbiamo a una giovane casa editrice fondata a Milano per iniziativa di tre donne, animate dal progetto di pubblicare libri per un pubblico femminile scritti da autrici a torto dimenticate. Le sorprese piacevoli arrivano già con un incipit insolito: Quando le navi cominciarono a intessere laboriosamente la loro trama di rotte da costa a costa, nessuno sapeva che su quel telaio agiva la grande mano del Fato…Gli uomini pensavano ben poco a tele o tessiture, chiamandole con altri nomi più lievi, inconsapevoli della forza del filo gettato al di là delle migliaia di miglia di un oceano blu o grigio…Non a caso il titolo originale è The Shuttle, la navetta che dagli inizi del secolo ha iniziato a fare la spola tra la vecchia Inghilterra e gli Stati Uniti, mettendo per la prima volta in collegamento diretto due mondi tanto distanti e diversi tra loro, intrecciando vite e destini. Quello della distanza tra due paesi e due modi di concepire la vita è uno dei temi più forti che ricorrono nel romanzo, insieme a quello dei diversi modi di intendere l’amore e il ruolo della donna. Quando con lo shuttle i due mondi iniziarono a frequentarsi, accadde sovente che giovani ereditiere americane venissero concupite da nobili inglesi provvisti solo di titoli e vetusti castelli in rovina, dando vita a matrimoni non sempre a lieto fine. E questa è la vicenda da cui prende le mosse il romanzo. La maggiore delle due sorelle Vanderpoel, Rosalie, erede di un fantastico patrimonio, avventatamente accetta di sposare un ambiguo Sir Niegel Anstruthers, arrivato a New York con il preciso scopo di trovare una moglie ricca; infatti dopo averla spogliata di tutti i suoi beni la seppellisce in un cupo e malandato castello nella campagna inglese. Con astuti stratagemmi riesce a cancellare ogni possibilità di comunicazione tra la giovane sposa e la famiglia d’origine e sulla poveretta cala un silenzio lungo dodici anni. Ma la sorellina Betty intanto cresce, studia in Europa, è provvista di mezzi e di intelligenza, e grazie al suo fine intuito sospetta che il silenzio della sorella nasconda qualcosa; decide così di partire alla sua ricerca. Dalla sua parte, oltre a molto denaro, ha anche la modernità che avanza, e nuovi modelli femminili che si affermano nella vita e nei romanzi, con protagoniste che non scoppiano più in lacrime ma agiscono. “…sai che c’è il cablogramma, dice al padre nel corso di un colloquio memorabile. Forse è uno dei motivi per cui le eroine sono cambiate. Quando non potevano scappare dai loro persecutori se non in diligenza, e non potevano mandare telegrammi, in pratica erano nelle mani di chiunque. Ora è diverso”. La storia si dipana appassionante fino all’ultima pagina, e i due mondi sono tratteggiati con sguardo acuto e non senza ironia. La scrittrice infatti, essa stessa moderna eroina, li conosce molto bene entrambi essendo nata a Manchester ed emigrata negli Stati Uniti dopo la morte del padre. Iniziò diciottenne a scrivere per aiutare la famiglia e raggiunse ben presto la fama e la ricchezza. Il suo Piccolo Lord lanciò la moda dei vestiti di velluto per bambini e il libro vendette più di mezzo milione di copie. Si sposò due volte, e visse alternativamente in Inghilterra e negli Stati Uniti, dove morì nel 1924 all’età di 75 anni.