Ritratto della giovane in fiamme
Non sapevo nulla del film, uscito nella sale da pochi giorni; non leggo mai o quasi mai le recensioni prima di andare a vedere un film che intuisco mi piacerà, voglio scoprirlo a modo mio. Il titolo mi sembrava molto bello, e anche le immagini dei trailer. E poi sono rimasta due ore immobile, sorridendo da sola, trattenendo il respiro, emozionata come poche volte mi è accaduto al cinema. Dopo questa irrituale premessa vi racconto di cosa si tratta, cercando di non togliere nulla al piacere di scoprire la storia, che si svolge in Bretagna nel 1770.
In un’isola di fronte alla costa sbarca una giovane donna, dopo un viaggio agitato, diretta ad un palazzetto nobile ma male in arnese. E’ una pittrice, ma i quadri che realizza vengono esposti con il nome del padre. E’ stata chiamata dalla nobildonna che vive lì per dipingere il ritratto della figlia, a scopo matrimoniale, poiché il nobile milanese a cui è stata promessa dovrà vedere il ritratto prima di decidere definitivamente le nozze. Ma c’è un piccolo problema: la ragazza non ha nessuna intenzione di sposarsi, ha già distrutto un precedente ritratto e cacciato il pittore. E quindi non bisognerà dirle che la pittrice Marianne è lì per questo scopo; fino a poco tempo prima viveva in convento, e ci si trovava bene. “Perché? Si poteva ascoltare la musica, e c’era una biblioteca”. Per sentirsi libera non le serviva altro. Da lì è stata prelevata a forza per sostituire la sorella, alla quale è accaduta una disgrazia. Scopriremo ben presto che la disgrazia, come la definisce la madre, è stata in realtà un suicidio, visto che la ragazza si è lanciata in mare dalla scogliera. Per non essere costretta a sposarsi per forza, forse. Quindi le viene detto che Marianne è stata chiamata lì solo come dama di compagnia. Dovrà osservarla di giorno e dipingerla a memoria, di notte. Inizia così un legame di amicizia che diventa sempre più stretto e profondo, un gioco di sguardi in cui ognuna osserva l’altra e osservandola scopre anche qualcosa di sé stessa, che non conosceva. Eloise scopre la musica vera, diversa dalle note dell’organo del convento; Marianne scopre una diversa possibilità di lettura del mito di Euridice.
Ognuna scopre il proprio corpo e il desiderio insieme a quello dell’altra. E’ un film abitato solo da corpi femminili: oltre alla madre, vedova e rassegnata da tempo al proprio destino di solitudine, a cui può porre rimedio solo attraverso il matrimonio della figlia, c’è anche una domestica, che svolge un ruolo secondario ma non meno importante. Ci sono scene magnifiche, e una di queste si svolge sulla spiaggia, di notte, mentre un gruppo di donne intona un canto ritmato e potente che scandisce solo tre parole: Non possunt fugire…Una scena da brividi. Anche il finale lo è, inesorabile!
Regia e sceneggiatura sono della giovane regista francese Céline Sciamma, che ha vinto a Cannes quest’anno il premio per la migliore sceneggiatura. Anche la splendida fotografia è a firma femminile, Claire Mathon. Non mi resta che consigliarvi caldamente di andare a vederlo, da sole o con un’amica. Non perdetelo. E’ davvero un film magnifico, pieno di bellezza e di immagini meravigliose, e di profondo amore per i destini femminili. Le due splendide attrici sono Noémi Merlant (Marianne) e Adél Haenel(Heloise).