Aspetta la bella stagione

Qualcosa di caldo, qualcosa di buono

In tutti i miei romanzi e racconti c'è sempre qualcosa da mangiare, e soprattutto da cucinare. Non ne avevo l'intenzione, non è stata una scelta vera e propria, ma scrivendo la prefazione alla mia prima raccolta di racconti Maria Rosa Cutrufelli li definì “saporiti, anche ma non solo per quell'odore di cibo buono che li pervade”. Io non me ne ero resa conto. E poi così è stato anche per i successivi romanzi, dove il cibo è una presenza costante: che si tratti di una casalinga disperata o di una donna capitata per caso in mezzo a una guerra, cucinare o assaporare qualcosa di caldo, qualcosa di buono, rappresenta una consolazione, un premio, un gesto di relazione. Fino a diventare un co-protagonista, come in Adele né bella né brutta.

Ho imparato a cucinare da sola, sui libri. Andata via da casa a vent'anni, senza saper cuocere nemmeno il classico uovo e senza aver ricevuto da mia madre alcun insegnamento in proposito, cucinare è presto diventato uno spazio di esercizio della creatività: visto che si doveva pur mangiare tanto vale farlo bene e fare qualcosa di buono! Più o meno dev'essere stato questo il mio modo di pensare.

Ho imparato a cucinare da sola, sui libri. Andata via da casa a vent'anni, senza saper cuocere nemmeno il classico uovo e senza aver ricevuto da mia madre alcun insegnamento in proposito, cucinare è presto diventato uno spazio di esercizio della creatività: visto che si doveva pur mangiare tanto vale farlo bene e fare qualcosa di buono! Più o meno dev'essere stato questo il mio modo di pensare. Quando è arrivata la scrittura ho messo lì dentro anche quel modo di stare al mondo. Con il tempo amiche e lettrici mi hanno chiesto con insistenza di scrivere un libro di ricette abbinate ai ricordi di una vita. Forse lo farò, forse no, ma di sicuro libri così ne sono stati scritti molti, strutturati come mi piacerebbe fosse il mio che ancora non esiste, e che per ora può aspettare.
Qui troverete invece alcune ricette relative ai cibi che si affacciano qua e là nei diversi racconti della raccolta Abbi cura di te. Molte provengono dalla tradizione del ponente ligure, il mio luogo di nascita, Ventimiglia. É là che si radica la memoria dell'origine e della lingua materna, e dove abita la nostalgia. Inevitabile, visto che a molte delle protagoniste ho prestato i miei ricordi e la mia memoria si è confusa con quella loro. In alcune ricette troverete il racconto dei contesti in cui hanno preso vita, e non la precisione delle dosi, preparazioni e tempi di cottura, come sarebbe d'obbligo in un vero libro di ricette. Ma queste sono soltanto divagazioni culinarie, racconti abitati da donne che, in determinati passaggi della loro vita, hanno sentito il bisogno di cucinare qualcosa o di ricordare qualcosa che un tempo era stato preparato per loro, o che esse stesse avevano preparato per sé o per altri. Come un regalo, o un risarcimento.