Etty Hillesum, cuore pensante.
Il Diario di Etty Hillesum è uno dei libri che tengo sul comodino. Letto, riletto e riletto ancora molte volte (è per questo che alcuni libri trovano posto sul comodino e non sugli scaffali della libreria) , è la testimonianza di un pensiero lucido e spiazzante, direi necessario per il nostro tempo . Per me ha rappresentato un’esperienza che mi ha segnata e cambiata, spero in meglio. Il Diario, raccolto in otto quaderni salvati da un’amica, è stato pubblicato per la prima volta nel 1981 svelandola così al mondo intero, e grazie alle filosofe e pensatrici femministe il suo pensiero è stato approfondito e divulgato.
All’interno del panorama documentario sui campi di sterminio la testimonianza di Etty Hillesum possiede un’inconfondibile specificità: i suoi scritti non rientrano nella vasta letteratura dei sopravvissuti, che dal dopoguerra ad oggi hanno testimoniato e tenuto accesa la memoria. Essa nasce infatti “in presa diretta” e documenta via via il crescendo delle misure antisemite fino alle deportazioni e alla vita da lei trascorsa nel campo di transito di Westerbork in Olanda, dove andò volontariamente per non separarsi dalla famiglia, e in cui rimase fino alla sua partenza per Auschwitz dove morì il 30 novembre del 1943.
Ma Etty Hillesum non è semplicemente una cronista di quei tempi terribili, è anche una testimone profondamente cosciente del ruolo fondamentale che può svolgere la memoria per il futuro. Da qui il suo sentire l’urgenza di lasciare attraverso la scrittura una traccia delle sue riflessioni nei confronti delle persecuzioni naziste. Nelle sue pagine incontriamo interrogativi che a partire dall’elaborazione della propria esperienza personale chiamano in causa il senso collettivo della Storia, con una capacità profetica di capire l’entità dei problemi che l’umanità avrebbe dovuto affrontare nel dopoguerra se avesse voluto cercare di elaborare e non rimuovere la Shoah.
Le sue riflessioni, pertanto, continuano ad essere attuali e necessarie, più che mai. Sono contenute nelle pagine del Diario 1941-1943 e nelle Lettere, volumi entrambi pubblicati da Adelphi. Pensieri necessari come “un balsamo”, per riprendere una sua espressione felice.
Estrapolare citazioni e’ sempre un’operazione riduttiva, ma puo’ essere utile a chi non ha mai letto questo testo emozionante per cominciare a conoscere il percorso intellettuale e di crescita personale di questa giovane donna di 27 anni, capace di pensieri così profondi e luminosi, spirituali e concretamente umani allo stesso tempo, spesso spiazzanti. Spero che in molti la leggeranno.
«Questo momento storico, così come lo stiamo vivendo adesso, io ho la forza di sostenerlo, di portarlo tutto sulle mie spalle senza crollare sotto il suo peso, e posso perfino perdonare Dio, che le cose vadano come devono andare. Il fatto è che si ha tanto amore in sé, da riuscire a perdonare Dio!!!».
«Se noi dai campi di prigionia, ovunque siano nel mondo, salveremo i nostri corpi e basta, sarà troppo poco. Non si tratta infatti di conservare questa vita a ogni costo, ma di come la si conserva. A volte penso che ogni nuova situazione, buona o cattiva, possa arricchire l’uomo di nuove prospettive».
«Ma la ribellione che nasce solo quando la miseria comincia a toccarci personalmente non è vera ribellione, e non potrà mai dare buoni frutti. E assenza di odio non significa di per sé assenza di un elementare sdegno morale. So che chi odia ha fondati motivi per farlo. Ma perché dovremmo sempre scegliere la strada più facile e a buon mercato? Laggiù ho potuto toccare con mano come ogni atomo di odio che si aggiunge al mondo lo renda ancora più inospitale».
«La gente si smarrisce dietro ai mille piccoli dettagli che qui ti vengono quotidianamente addosso, e in questi dettagli si perde e annega. Così non tiene d’occhio le grandi linee, smarrisce la rotta e trova la vita assurda. (…) E malgrado tutto si approda sempre alla stessa conclusione: la vita è pur buona, non sarà colpa di Dio se a volte tutto va così storto, ma la colpa è nostra. Questa è la mia convinzione, anche ora, anche se sarò spedita in Polonia con l’intera famiglia».
«A ogni nuovo crimine o orrore dovremmo opporre un frammento di amore e di bontà che bisognerà conquistare in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere. E se sopravviveremo indenni a questo tempo, corpo e anima ma soprattutto anima, senza amarezza, senza odio, allora avremo anche il diritto di dire la nostra a guerra finita. Forse sono una donna ambiziosa, ma anch’io vorrei dire una parolina».
“Mio Dio, è un periodo troppo duro per persone fragili come me. So che seguirà un periodo di umanesimo. Vorrei tanto poter trasmettere ai tempi futuri tutta l’umanità che conservo in me stessa, malgrado le mie esperienze quotidiane. L’unico modo che abbiamo di preparare questi tempi nuovi è di prepararli fin d’ora in noi stessi…Vorrei tanto vivere per aiutare a preparare questi tempi nuovi: verranno di certo, non sento forse che stanno crescendo in me ogni giorno?
“Su, lasciatemi essere il cuore pensante di questa baracca”