I sette giorni di Esterina Cantagallo
Esterina Cantagallo arrivò a San Martino alle dieci del mattino di una domenica di agosto, giusto in tempo per assistere al matrimonio di Ettore Buonalma con Assunta Pietrangelo. (…) Erano cinque anni e cinque mesi che si preparava a quel momento con la costanza e la tenacia di una spiga di segale che resiste, incrollabile, a ogni avversità e a ogni sferzata di vento: aveva contato i giorni e le notti allo stesso modo del carcerato che, sognando la sua donna, traccia aste sul muro e poi le cancella per riscattare, con ognuna di esse, un frammento di quella libertà che gli spetta per intero come ricompensa finale; aveva seminato sospiri sul pavimento della piccola stanza in cui dormiva sapendo che essi, non avendo radici, non sarebbero attecchiti e aveva coltivato il suo rancore dissodando e seminando la sua anima, in ogni istante, con la lucidità dei ricordi e con l’impellenza della rivalsa. Entrò in chiesa confondendosi con lo stuolo di curiosi che si accalcava all’ingresso e si piazzò a fianco dell’ultima colonna prima dell’altare, esattamente dirimpetto al panchetto degli sposi: posò la valigia tra i banchi non occupati, si sistemò il piccolo velo nero sulla testa, mosse nervosamente le dita dei piedi nelle scomode scarpe a punta e indirizzò lo sguardo gelido su Ettore Buonalma che baciava la fronte della sposa.
Questo è l’incipit del romanzo I sette giorni di Esterina Cantagallo e ho scelto di iniziare così la mia recensione al bel romanzo di Rosa Pierro per darvi subito l’idea dello stile con cui l’autrice ha condotto la narrazione: uno stile brioso e sicuro, preciso nelle ricostruzioni ma nello stesso tempo pieno di immagini suggestive, tanto che a tratti sembra di essere trasportati in un’atmosfera da romanzo sudamericano, e invece la storia è ambientata in un piccolo paese del nostro Mezzogiorno, nei primi anni ’60. Esterina ha poco più di vent’anni, e gli ultimi cinque e mezzo li ha passati in prigione dopo aver tentato di uccidere Ettore Buonalma che le aveva fatto credere che l’avrebbe sposata, e invece per spregevoli motivazione economiche e senza nemmeno dirglielo aveva deciso di sposare Assunta Pietrangelo, benestante e non amata. La narrazione procede per flashback alternati con lo scorrere dei sette giorni, durante i quali matura e si dispiega la vendetta. Questa volta però non saranno le fucilate ma un’arma contro la quale Ettore dovrà arrendersi: la voce della ragazza, che nei cinque anni trascorsi aveva potuto affinare il dono che la natura le aveva dato, quello di una voce melodiosa e incantatrice . Inizia subito, appena gli sposi escono dalla chiesa, intonando al loro passaggio la famosa aria della Carmen «L’amour est un oiseau ribelle que nul ne peut apprivoiser, e c’est bien en vain qu’on l’appelle, s’il lui convient de refuser». E proseguirà con agguati e appostamenti sotto casa del fedifrago nei sei giorni successivi, tanto che andrà a monte anche la consumazione del matrimonio. Quando Ettore cederà e proverà a tornare da lei, a quel punto potrà andarsene, Esterina, lasciandosi alle spalle il passato, fiera di aver adempiuto alla promessa fatta molti anni prima a se stessa, patendo le violenze commesse dal padre contro la madre: che mai avrebbe permesso a un maschio di essere il padrone della sua vita.
L’autrice vive a Bussi sul Tirino e non è alla sua prima prova narrativa. Potete acquistare il romanzo ordinandolo in tutte le librerie e negli store on line. Ve lo consiglio!