Letto matrimoniale
A guardarlo così, da sotto, il paese sembra intatto: le case ordinate a piramide lungo i fianchi fino alla punta del campanile, i tetti rossi e il legno delle persiane, le ringhiere di ferro dei balconi. Ma poi a guardare meglio sono proprio questi i particolari che svelano la realtà: i balconi sono vuoti e nemmeno uno strofinaccio sventola al sole; le persiane tutte chiuse come occhi ciechi e le pietre del campanile in bilico si sporgono nel vuoto. Serafina lo tiene d’occhio con rancore quel campanile che potrebbe crollare da un momento all’altro e abbattersi sulle case ammucchiate lì sotto. E’ a causa sua che sono scappati tutti di corsa per trasferirsi nelle tende montate nel campo sportivo. Alza gli occhi, lo guarda e borbotta imprecazioni e litanie a mezza bocca, ma vergognandosi un po’, perché loro sono stati fortunati in quel paese dove non ci sono stati morti e le case non hanno subìto danni irreparabili. Dentro le tende blu però non è facile viverci: è come un nuovo paese, dove si vive tutti vicini ma anche estranei; la tensione scorre sotterranea proprio come quella del terremoto e spesso esplode all’improvviso con sgarberie e male parole. Serafina per far passare la giornata si inventa occupazioni superflue: un po’ di bucato, una pulita intorno, ma avanza sempre un sacco di tempo. Aurelio, beato lui, sta fuori tutto il giorno; il lavoro non manca per un falegname esperto, ma deve andarsene lontano, giù in pianura. La sera quando torna si lava alle docce in fondo al campo e poi cenano insieme nello spazio mensa, aspettando il loro turno in fila, tanto non c’è fretta. Sotto la tenda fanno in modo di tornarci il più tardi possibile, sperando ogni volta che i loro coinquilini siano già addormentati per condividere almeno un’illusione di intimità nei gesti che precedono il sonno. Ogni volta lo stesso imbarazzato disagio, gli occhi bassi che fingono di non vedere.
– Mi sa che sto ingrassando, – si lamenta Serafina sospirando mentre raccoglie il sugo con il pane dentro il piatto di plastica. – Sarà che sto sempre con le mani in mano, non mi muovo più come prima…
– Mi piaci bella in carne, non ci provare a dimagrire, – scherza lui affondando il pollice con delicatezza nella carne soda del braccio di Serafina, che gli fa gli occhi severi e gli dice di smetterla, che non sono mica due ragazzi.
– Tu scherzi sempre, non so come fai. Io non ne posso più, e se penso che passeremo così ammucchiati tutta l’estate già mi manca l’aria. Ieri mentre me ne andavo su per la montagna sono passata vicino allo stazzo. Quello dove vado sempre a raccogliere gli òrapi. Il tetto è buono, se ci portiamo due lettini e due materassi preferirei starmene lì piuttosto che sotto quella tenda …Ma si, lo so che è una stupidaggine, dicevo così per dire…
– Ma che ci vai a fare su per la montagna? Non mi piace che te ne vai in giro da sola, se ti capita qualcosa chi se ne accorge?
– Ma ci sono sempre andata, per òrapi e per cicoria, lo sai…Almeno mi muovo un po’. Non ho trovato niente però, forse anche la verdura si è impazzita come la terra…
– Dai, andiamo a fare due passi. Ma non su e giù per il paese, prendiamo per i prati…E poi, scusa, anche se trovi la verdura che te ne fai? Non la possiamo mica cuocere qui al campo…
– Ma si, lo so, è solo per la soddisfazione, per fare come si faceva sempre…
Il cielo è nero, le stelle lontane e opache, l’erba ispida punge la pelle. Serafina si scosta dal marito con fermezza, come ogni volta che lui ci prova a convincerla a farlo in mezzo ai campi. Sotto la tenda è impossibile, non c’è mai un attimo di intimità; ma così all’aperto, come due poveracci clandestini, lei proprio non ci riesce. Si sente ancora più terremotata. Qualche volta lo lascia fare, un po’ per tenerezza e un po’ perché le piace starsene stretta a lui. Ma non stasera che si sente così avvilita. E poi ogni volta che si rialza dopo averlo fatto in quel modo frettoloso le fa male la schiena. Non ha più l’età. Cambia discorso, tanto per distrarlo da quel pensiero di fare l’amore.
– Senti, domani devo farmi accompagnare su a casa dai Vigili del Fuoco. Ci servono dei vestiti leggeri, è arrivato il caldo e non ho niente da mettermi, e pure a te ti servono i pantaloni e le magliette di cotone.
– Se ci vai nel pomeriggio posso venire anch’io, è sabato; così prendiamo più cose.
– Va bene, ma tanto non sappiamo dove metterle, nella tenda non c’è spazio…
Subito dopo pranzo Aurelio e Serafina si sono sdraiati sulle brandine, gli occhi chiusi, alla ricerca di un po’di riposo in mezzo alle voci che attraversano il campo senza sosta, ma il caldo è insopportabile. Così vanno a cercare i Vigili sulla piazza del Municipio. Non c’è nessuno, né uomini nè mezzi. Scomparsi nel sole. Il sabato c’è il cambio del turno, non lo sapevano? Se ne sono andati e la squadra che subentra arriverà solo domani mattina. I vecchi che stazionano sulle panchine sono informati, non hanno dubbi. Aurelio e Serafina si allontanano; lei è delusa e brontola a mezza bocca. Doversi tenere addosso quei vestiti pesanti un giorno di più le sembra insopportabile.
– Dai, non te la prendere. Sai cosa facciamo? Ci andiamo da soli, aspettiamo che faccia buio e saliamo. Prendiamo per i vicoli da dietro, là sopra è deserto, non ci vede nessuno.
– Ma non si può passare. E’ vietato. Lo sai che ci sono le transenne alte, e proprio sotto casa hanno chiuso l’accesso con le tavole di legno…
– Per me non è un problema, mi porto un paio di attrezzi e apro tutto, vedrai.
Il pomeriggio sembra interminabile, e non solo perché le giornate si sono allungate. Così non ce la fanno ad aspettare che faccia buio e decidono di salire un po’ prima del tramonto, quando chi ha una casa sta aspettando di mettersi a tavola per cena e i terremotati aspettano il loro turno alla mensa con i vassoi in mano. Ai coinquilini di tenda hanno detto che andranno al cinema a Sulmona e poi a mangiare la pizza, tanto per fare qualcosa di diverso. Salgono su per i vicoli deserti del centro storico e lui apre e richiude cancelli, sposta barriere e supera ostacoli, mentre lei gli tiene dietro con il cuore che le batte in gola e quello è l’unico rumore dentro il silenzio pesante che avvolge le pietre. Tiene la testa bassa, non vuole vedere le macerie che ingombrano i cortili, i balconi sbrindellati, i sassi in bilico sugli angoli delle facciate. Casa loro non ha subìto danni gravi, hanno detto quelli del Genio Civile, potrà essere riparata in fretta appena verrà messo in sicurezza quel maledetto campanile che incombe dall’alto con le sue pietre ballerine.
– Aurè, questo silenzio mi mette paura, sa di morte, – mormora Serafina sottovoce, e gli stringe la mano.
– Siamo arrivati, stai tranquilla. Questa è l’ultima transenna. Dammi le chiavi.
Entrano quasi in punta di piedi, trattenendo il respiro, come in chiesa quando la Messa è già cominciata. Pochi passi nel buio, su per la scala tenendosi per mano. Sono già stati qui altre volte dopo il terremoto, ma sempre con la scorta dei Vigili del Fuoco, in fretta, senza guardarsi intorno per non provare sentimenti. Adesso però è diverso, sono davvero a casa, e questa è la loro stanza da letto. Serafina scosta la coperta, il lenzuolo, tasta con le mani la consistenza del materasso.
– E’ tutto a posto, – sussurra, – nemmeno un filo di polvere. – Che bello il nostro letto!…
Come intimiditi da quel silenzio e dalla solitudine così insolita che li avvolge, siedono con cautela sulla sponda senza parlare, lo sguardo che avvolge le pareti, il rettangolo della finestra e le tendine di pizzo. E’ Serafina a prendere l’iniziativa: gli prende la mano e lo tira giù dolcemente e lui sorpreso l’abbraccia e poi rimane a guardarla mentre si sfila in fretta gli indumenti e rimane in sottoveste; non le stacca gli occhi di dosso mentre anche lui si spoglia e per l’emozione di vederla così dopo tanto tempo le dita si intralciano nella cerniera dei pantaloni. Gesti che dovrebbero ormai essere logorati dal tempo, ma che lì in quel silenzio e in quella penombra sembrano nuovi smaglianti, da far battere il cuore. Non si sciolgono dall’abbraccio nemmeno dopo l’amore, e si addormentano stretti come quando erano appena sposati. Ma dopo un po’ i corpi si distendono e le braccia e le gambe si sciolgono in quel meraviglioso spazio ritrovato del loro letto matrimoniale. Si svegliano che è notte fonda e si sente un usignolo cantare lontano. Ridono, con la ridarella sciocca dei ragazzi, al pensiero di essere scoperti in flagrante, clandestini in casa propria.
– Ma chi vuoi che ci scopra? Ce ne andremo in tempo. E poi che fanno, ci arrestano? – dice lui ridendo spavaldo, e la contagia con la sua sicurezza.
– Se è così allora ci potremo tornare di nuovo, basta che stiamo attenti…Senti, a me è venuta fame. Ora vado in cucina a vedere se ci possiamo fare un piatto di pasta aglio e olio. Apriamo una bottiglia? Sono sicura che ci sono anche dei biscotti e del cioccolato…
Più tardi, durante il loro primo giro di ispezione, i Vigili del Fuoco non sapranno spiegarsi l’aroma sottile di caffè che aleggia tra i vicoli deserti, un soffio di vita nell’aria del primo mattino, come una risata sottovoce.
Leggendaria, n. 81 maggio 2010 – Numero speciale Terre-Mutate