Parole contro la violenza alle donne
Parole per contrastare la violenza sulle donne ormai ne vengono usate molte, e questo è un bene. Quelle del giornalismo di cronaca e di inchiesta vengono usate in maniera sempre più consapevole, anche grazie alle tante giornaliste che ogni volta hanno denunciato l’uso improprio di alcuni termini che generano stereotipi pericolosi e giustificazionismi (l’ho uccisa perché l’amavo, delitto passionale, amore criminale ecc.). Da qualche tempo sono comparse sempre più numerose anche le parole della letteratura: raccolte di racconti, testi per il teatro, poesie. I racconti spesso sono d’occasione, scritti sia da scrittrici che da scrittori, ispirati da fatti di cronaca o pura fiction. Mi hanno colpita quelli della raccolta Nessuna più, curata da Marilù Oliva, in cui gli scrittori quasi mai sono riusciti a raccontare la violenza dal punto di vista maschile ma hanno preferito immedesimarsi in corpo ferito femminile, mentre le scrittrici sono state in grado di rappresentare entrambi i punti di vista.
Mi sembra però che nel volume curato da Loredana Magazzeni Cuore di preda, Poesie contro la violenza alle donne, la parola poetica dimostri di essere la più adatta a dire l’indicibile. Mentre la narrativa deve costruire una storia usando le regole della fiction, la parola poetica riesce a dire tutta la gamma dell’indicibile: la paura, l’amore, la ribellione, lo stupore, il sentirsi sorelle del dolore delle altre, madri e figlie, il sentirsi chiamate in causa. Può usare sfumature, accennare senza mostrare l’orrore, ma anche gridare, chiamare alla rivolta e testimoniare. Senza inventare niente. Dire pur restando una parola essenziale, e perciò stesso efficace. E alla fine quella che emerge è la forza femminile, nonostante tutto, nonostante i corpi violati e i cuori depredati. E’ così che la parola poetica diventa parola pubblica, capace non solo di dare voce alle vittime ma di assumersi la responsabilità. Queste sono solo alcune scelte tra le tante che compongono il volume.
Se questa è una donna
Con quale numero sarà ricordata
la violenza di ieri su una donna
nel quartiere taldeitali della tale città?
La voce che esce dal televisore,
mentre divagano periferie senza vita,
elenca cronache già dimenticate:
quella che era, l’altra che aveva…
Donne raccolte in un mondo di buio.
Non c’è vuoto che le possa contenere
e cresce un dolore che riconosciamo
materno eppure senza speranza.
Lapidi di nomi in ciascuna di noi
a caratteri di stella per dare luce.
E dentro ogni donna, nel suo centro,
un nucleo di resistenza sacro,
eredità lasciata dalla madre.
(Anna Elisa De Gregorio)
Prendi un coltello
Prendi un coltello – bambina.
Attenta ai mostri. Ai lupi. Ad amici e parenti.
E sconosciuti.
Prendi le forbici – gioia.
C’è il male e c’è la pazzia.
Attenta a non incontrarli, per ora, ora che è
troppo presta.
Diventa tu folle, affonda le lame,
dentro più dentro coi denti.
C’è la paura e c’è l’orrore. Umano.
Carezza le bestie. Tua madre ti ama.
(Viola Amarilli)
Chi si prenderà cura dello sguardo
della fragilità del polso
del mento piegato all’altezza del cuore?
Chi la nuca potrà sfiorare,
dirci che è finita la fatica del vivere
tra cieli e dita rigonfie.
Fragile addormentarsi
mentre in silenzio si muore.
(Luisella Pisottu)
Al male
rispondevo col silenzio
Ora sono una femmina che graffia.