Sono più miti le mattine
Buon inizio d’autunno con Emily Dickinson. Come sapete le sue poesie non hanno titolo, solo numeri progressivi, e per convenzione nelle raccolte oltre al numero sono indicate con il primo verso. Questa è la numero 12. Mentre era ancora in vita i suoi familiari conosceva l’esistenza di sei poesie in tutto, scritte da quell’eccentrica signorina che da alcuni anni si era ritirata a vivere nella stanza di sopra, che vestiva solo di bianco e non parlava con nessuno. Alla sua morte la sorella Lavinia salì nella stanza per riordinarla, e scoprì un piccolo baule di legno chiuso a chiave. Conteneva 1775 poesie, cucite tra loro in fascicoletti con del filo da rammendo. Come un corredo nuziale, i segni di una lunga e consapevole fecondità accumulata. Una vocazione di cui era consapevole, e che aveva accettato, insieme alla forza e alla libertà che le aveva conferito di essere sé stessa, finalmente. “ Io sono il compito più severo/ di me stessa – in corsa dietro la pretesa/ di riempire il terribile spazio / che la vita si lascia alle spalle”.
Sono più miti le mattine
E più scure diventano le noci
E le bacche hanno un viso più rotondo,
La rosa è sparita dalla città.
L’acero indossa una sciarpa più gaia,
E la campagna una gonna scarlatta.
E anch’io, per non essere antiquata,
Mi metterò un gioiello.