Trema la notte
Ci sono libri che devo leggere due volte: la prima lettura corre veloce per seguire le vicende narrate e scoprirne l’epilogo; la seconda, che segue immediatamente, procede più lenta, mi lascio prendere dai pensieri, mi immergo nella lingua, mi incanto, sottolineo e strapazzo le pagine. Entro in intimità con le personagge. Mi è successo così anche con il nuovo romanzo di Nadia Terranova, Trema la notte, uscito da poche settimane. Vorrei raccontarvelo ma sento che lo farei come se fosse una favola, e inizierei così: C’era una volta una ragazza che si chiamava Barbara, infelice e fiera, e piena di coraggio, che viveva a Messina, anzi no, vicino a Messina; ma un giorno prese il treno per andare in città a trovare la nonna e trascorrere una serata al Teatro dell’Opera ad ascoltare l’Aida. Il padre ha già deciso che si sposerà con un uomo brutto e ignorante ma lei non vuole proprio sposarsi, vuole essere libera di seguire i propri sogni, studiare all’Università, scrivere un romanzo ispirandosi alla messinese Letteria Montoro, che scrisse la storia di Maria Landini, il libro che porta con sé durante il viaggio. Quella notte, il 28 dicembre del 1908, accadde un terribile terremoto che distrusse la città, e anche quella dall’altra parte dello Stretto, Reggio Calabria. Qui viveva un bambino che si chiamava Nicola, undici anni di infelicità, prigioniero di una madre piena di fantasmi e di paure, per cui ogni notte lo chiudeva in cantina dopo averlo legato al catafalco così i diavoli non se lo sarebbero preso. Entrambi vengono liberati dal terremoto, e le loro vite per qualche attimo si sfiorano, e prenderanno forma da quello sfiorarsi. Ma Trema la notte non è una favola, e in quei giorni che succedono alla grande scossa accadono cose tremende: la morte cammina di fianco alla vita, i vivi camminano sopra i morti, i corpi dei sopravvissuti sono vittime di fame e sete, e di violenze; chi sopravvive può farlo solo inventandosi una nuova vita, come accade a Barbara e Nicola. Ma quello che vi sto raccontando è solo una piccola parte della bellezza che trabocca dalle pagine, perché accanto alle tragedie accade che una donna che ha perso le sue figlie ne trovi una abbandonata e la prenda con sé, che donne rimaste sole si prendano cura di altre, e così si consente alla vita di riprendere una cammino storto ma pur sempre un cammino. Ma tutto quello che ho scritto fin qui ancora non basta a raccontare perché ci sono pagine memorabili in cui Nadia Terranova racconta la durezza di quello che fa accadere sotto i nostri occhi. “Piansi di rabbia e sudiciume, infilai la testa sott’acqua e cercai di riempirmi i polmoni di liquido, sperai che la corrente mi portasse al largo. Se il mio mare era diventato un cimitero, io volevo diventare uno dei suoi cadaveri, una salma in un acquario di salme, un fossile in un ossuario. Smisi di pensare.” E poi c’è il caso, quello che mescola le carte dei destini e fa incontrare le persone, fa accadere cose impensabili, raddrizza e redistribuisce. Come accade per le carte dei Tarocchi, le cui 22 figure aprono ogni capitolo del romanzo e aggiungono senso. Insomma, leggetelo! E ascoltateci on line domani, sabato 30 alle 18. Libreria Moroni di Pescara.