Una vita, quasi due.
Molte volte, come ricorda la figlia Sara Scalia nella bella presentazione che apre il libro, da lei curato nella stesura definitiva, a Miriam Mafai era stato chiesto di scrivere sulla propria vita. Lei si era sempre sottratta, perchè uno dei difetti con cui si sentiva meno indulgente era proprio la vanità; e scrivere di sè in forma apertamente autobiografica le sembrava appunto un atto di vanità. Ma negli ultimi tempi aveva deciso di dedicarvisi, con la consapevolezza dell’esito ravvicinato della malattia che l’aveva colpita. Il libro, in cui ha impiegato tutte le sue forze fino all’ultimo, ci racconta la “prima vita” di una donna animata da una grande passione civile e politica, una vita in cui la storia privata si intreccia con quella grande e tragica dell’Italia. Sono gli anni della scelta dell’impegno civile nella Resistenza, l’adesione al PCI della clandestinità poi riconfermata dopo il ‘48 come scelta di impegno politico conseguente a quello civile; e quindi la vita di funzionaria e poi il dopoguerra in Abruzzo e a Pescara. La storia raccontata nel libro si conclude con il 1956. La sua “seconda vita”, quella dedicata al giornalismo, inizia proprio in quell’anno, ma non ha fatto in tempo a scriverla. Ma la parte che abbiamo letto è avvincente ed emozionante come un romanzo: un romanzo che racconta di una bambina che percepisce sin dai primi anni infantili il proprio essere “diversa”, figlia di artisti, comunisti e di madre ebrea, ma che da questa percezione trae un senso di felice disordine e di non appartenenza, che le resterà addossso come un’impronta di libertà per il resto della vita. E di una ragazza che cresce durante il fascismo e le leggi razziali, e che durante l’occupazione tedesca decide senza tentennamenti da che parte stare; di una ragazza che diventa militante della resistenza clandestina romana nei duri mesi dell’occupazione tedesca. E poi, una volta scelta la militanza nel PCI, il lavoro in Abruzzo e nella Marsica, nei mesi difficili e appassionanti della lotta dei contadini per le terre dei Torlonia. Infine, inviata dal partito a Pescara, il suo impegno del tutto nuovo come assessore ai servizi sociali nella nuova amministrazione di sinistra, in quello che lei definisce il “corpo a corpo quotidiano con i problemi veri della città” distrutta dai bombardamenti e bisognosa di tutto. Problemi a cui farà fronte con intelligenza, passione, fantasia. in quegli anni i bambini della città avranno un asilo nido montessoriano e colonie estive in montagna, e Miriam diventerà madre per la seconda volta tra una riunione e l’altra. Quando chiudiamo il libro ci resta il rimpianto di non poter scambiare con lei impressioni, emozioni, dubbi e pensieri. Ma conserviamo il ritratto di una donna coraggiosa e determinata e, insieme, di una generazione che ha contribuito a ri-edificare l’Italia.
Miriam Mafai, Una vita, quasi due. Rizzoli, pp. 255, euro 18,00